Riace: un modello di città dell’accoglienza

di Manou Novellino (in societadeiterritorialisti.it, maggio 2018)

Il sindaco di Riace, Domenico Lucano, è stato arrestato con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.Riace, è un paesino sulle colline ioniche della Calabria, ha iniziato a riprendere vita grazie ai profughi del sud del mondo. E questo per la tenacia di un riacese, Mimmo Lucano, mosso da una grande passione per un mondo più giusto e più umano.                 Proponiamo,dunque,dopo quanto è avvenuto stamattina, all’attenzione di tutti voi questo articolo di Manou Novellino che aiuta a comprendere bene perchè dobbiamo difendere con i denti il modello Riace di accoglienza per chi fugge da situazioni insostenibili.
 
Riace è un Comune calabrese di circa 1.800 abitanti al centro della costa ionica nella zona della Locride, strutturato – come molti paesi del nostro Meridione – con un nucleo a monte e un nucleo sulla costa, dislocazione che risale agli insediamenti delle colonie greche sul mare e alle successive invasioni saracene in cui gli agglomerati medievali si spostarono sui monti. Storicamente Riace, come gli altri Comuni del territorio, subisce il fenomeno dello svuotamento a causa della bassissima possibilità di occupazione che, fin dai primi del Novecento, spinge i suoi abitanti a emigrare verso il Nord Italia e il Nord Europa, fino a diventare paese “vuoto e fantasma” negli anni ’90 analogamente a molti centri interni e montani meridionali. Nel 1998, allorché il primo barcone di migranti curdi arriva sulla spiaggia di Riace marina, il piccolo Comune si trasforma però da luogo di emigrazione in luogo di immigrazione. L’esperienza di Riace nasce dalla lungimiranza di Domenico Lucano – sindaco del paese dal 2004 – che interpreta l’arrivo di questi profughi come opportunità per risollevare il territorio dal progressivo spopolamento. Alla fine degli anni Novanta, l’Italia muoveva i suoi primi passi verso la regolamentazione di un sistema di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati. L’ACNUR (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), saputo dell’idea di Lucano, lo segnala a Gianfranco Schiavone già Presidente del Consorzio italiano di solidarietà, Ufficio rifugiati di Trieste, che ha suggerito l’istituzione di una rete di accoglienza (PNA) quando nel 1998 Trieste doveva gestire l’arrivo di migranti kossovari. Lucano fondava intanto l’associazione Città Futura che ora, insieme al Comune, avanza istanza per l’inserimento di Riace nella rete suddetta. L’istanza viene accolta, e Riace entra tra i primi 63 Comuni italiani a far parte di un sistema di protezione esteso a livello nazionale. Divenuto sindaco, in pochi anni Lucano riesce a ottenere risorse per avviare un processo generale di riqualificazione del borgo, in cui i migranti giocano un ruolo di primo piano. Nella cornice prima del PNA e poi dello SPRAR (il sistema nazionale di protezione introdotto nel 2002), le case degli emigrati sono prese in comodato d’uso dal Comune per destinarle all’accoglienza dei migranti ripopolando il paese. Nel Meridione d’Italia ospitalità e accoglienza sono valori radicati da sempre: l’Amministrazione punta a che i locali percepiscano la presenza dei migranti come un’opportunità per immaginare il loro futuro sul posto. Per questo è necessario creare un’economia che preveda l’inclusione lavorativa di locali e immigrati attraverso l’artigianato, la ripresa dell’agro-alimentare, l’ecoturismo, le azioni socio-culturali. Nel tempo il modello si amplia e si rafforza con altre azioni: ripresa del primario con rilancio di alcune colture e vendita anche diretta dei produttori sul mercato locale; ampliamento delle attività artigianali e ripresa degli antichi mestieri (tessitura, telaiatura, produzione di oggetti tipici, di beni e oggetti di uso comune con materiali locali); raccolta differenziata con reimpiego degli asini; iniziative di ecoturismo (destinazione a visiting di appartamenti vuoti, promozione di percorsi di visita al paesaggio e ai luoghi di pregio storico-culturale); organizzazione di eventi-richiamo legati alla cultura locale (festival su cultura popolare e letteratura calabrese, musica popolare, cicli di seminari su migrazione e accoglienza, neomeridionalismo, innovazioni amministrative, sviluppo del Sud e contesto locale). Gli addetti a tali nuove attività sono prevalentemente gli immigrati. 2 Da qui, Lucano immagina altre due particolarità del ‘modello Riace’: i bonus e le borse lavoro. Bonus d’acquisto. L’Amministrazione ha chiesto al Ministero dell’interno di utilizzare in maniera differente i 35 euro stanziati per la diaria dei rifugiati, anche per supplire al forte ritardo con cui arrivano i fondi e prefigurare un’alternativa ad un modello puramente assistenzialista. Così sono stati creati i bonus d’acquisto. Spiega il sindaco: Il problema è che allo SPRAR il Ministero versa i soldi con grave ritardo e così abbiamo creato una moneta locale. La moneta è un impegno sul futuro. Il suo valore è proiettivo, è basato sulla fiducia che quel valore che è stampato su un pezzo di carta corrisponda a qualcosa di reale e che si manterrà nel tempo. I vantaggi sono due: il primo è la restituzione di dignità alle persone tramite un allargamento del loro potere d’acquisto oltre la pura sussistenza; “il secondo è bypassare il sistema delle banche. Per ovviare ai ritardi, molti Comuni chiedono prestiti agevolati ma così lo si può evitare”. Borse lavoro. Nei laboratori artigianali […] sono impiegati una persona del luogo e una borsista straniera, che percepisce circa 600 euro al mese, indipendentemente dai ricavi e dalle vendite, che servono per comprare le materie prime e intercettare il turismo scolastico che sta crescendo moltissimo grazie alla sensibilità di molti insegnanti che si sono avvicinati al nostro progetto. Con i conti pubblici si finanziano alcune attività per cui è necessaria la presenza di almeno un agente: la riformulazione della relativa retribuzione in termini di “borsa lavoro” permette di accrescere la quota di risorse destinabile direttamente al lavoratore migrante, agevolando la riduzione dei prelievi finanziari e fiscali, senza incappare nei vincoli ministeriali sull’assistenza migranti e rifugiati. Ciò ha favorito l’avvio di nuove attività o l’ampliamento di quelle già avviate. Con l’arrivo di bambini, ragazzi e nuovi nati, riapre la scuola e l’asilo nido. I migranti hanno l’opportunità d’imparare un mestiere e di inserirsi nel tessuto sociale locale e i riacesi – soprattutto i giovani disoccupati – hanno più probabilità di trovare un’occupazione. Ancora, si innescano iniziative di turismo eco-sostenibile. Ciò che però trasmette di più la ‘magia del presepe’ sono le scene che si dipanano all’interno delle botteghe, dove vedi manifestarsi materialmente la metafora del ‘villaggio globale’. Gli immigrati usano queste attività lavorative come “terapie occupazionali” per curare il passato ed inserirsi nel nuovo ambiente apparentandosi con uno stile di vita – e legando la propria presenza alla rivitalizzazione di attività che andavano perdendosi. Bonus sociale. Accanto ai bonus per l’acquisto viene erogato anche un piccolo fondo di sostegno sociale: “250 euro a persona se vive da sola, 230 euro a testa in caso di nucleo familiare con due persone, e così a scalare, mano a mano che il numero dei componenti della famiglia aumenta”. Secondo fonti di stampa, “oggi il paese ospita 600 migranti. I riacesi sono 900”. Il modello Riace è dunque positivo per tante ragioni, la prima è senz’altro il collegamento virtuoso tra accoglienza, integrazione e sviluppo locale. Tale clima positivo nasce dall’effetto traino dell’esperienza di accoglienza, che ha permesso di connettere Riace a una serie di reti nazionali molto importanti per la 3 sopravvivenza del ‘modello’ in quanto inserisce il piccolo Comune in un sistema di finanziamenti regionali, nazionali ed europei. Prospettando così uno scenario di cui da più parti si auspica la diffusione, anche in riferimento: al riuso e alla valorizzazione dell’enorme patrimonio edilizio inutilizzato, al ripopolamento delle aree interne e marginali, alla ricostruzione del tessuto socio-culturale urbano e rurale, oggi slabbrato, alla rivitalizzazione di attività storiche a forte valenza identitaria, al rilancio del primario in senso multifunzionale, alla riqualificazione autosostenibile di luoghi e territori puntando sulle loro dotazioni e potenzialità patrimoniali. Gli elementi positivi si scontrano, tuttavia, con alcune debolezze, legate alle disfunzioni del sistema politico-amministrativo regionale, alla perdurante marginalità del territorio, alla necessità di garantire risorse per un periodo più lungo dell’attuale durata
dei progetti, alla dubbia tenuta della rete di accoglienza, nonché alla resistenza a fare sistema e al costante tentativo di controllo mafioso sul territorio, tanto più pronunciato nel caso in quanto questo circolo virtuoso costituisce alternativa alle logiche affaristiche della ’ndrangheta. Da ultimo, va notato come il limite temporale posto alla permanenza dei migranti impedisca di fatto la creazione di una società autenticamente multietnica; tanto più che, a fronte di un aumento del numero delle persone accolte, quello dei migranti integrati è rimasto sostanzialmente invariato. Va notato infine il perdurante conflitto polico-gestionale con la Prefettura di Reggio Calabria e il Ministero dell’Interno, dovuto soprattutto alle difficoltà per tali Enti di riportare i consuntivi operativi e finanziari delle attività ‘speciali’ nei format previsti dalla programmazione e dalle modalità di rendicontazione ministeriale. Di qui discendono le reiterate, ormai annose, richieste di ‘rinormalizzazione’ delle attività citate tramite la loro trasformazione in azioni statutarie ex-SPRAR. Dovrebbe, invece, avvenire l’esatto contrario: dovrebbero essere i format istituzionali ad assumere e istituzionalizzare l’eccezionalità delle azioni virtuose quali quelle descritte. Era prevedibile che le conflittualità citate determinassero un clima generalizzato di sospetto verso questa eccezionalità; clima che, nell’Ottobre 2017, è sfociato nell’indagine della Procura della Repubblica di Locri su Lucano per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell’UE, concussione e abuso d’ufficio in concorso. “Lucano dopo la prima ispezione – con risultati negativi – non solo ha presentato puntuali controdeduzioni, ma ha sollecitato ulteriori controlli, poi effettuati, dei quali tuttavia non è ancora riuscito a conoscere l’esito” (Silvio Messinetti su Il Manifesto del 7/10/2017).