Breve nota sull’inchiesta politica in Calabria

di SUDCOMUNE (in Euronomade.info, gennaio 2016)

L’Associazione Politica Sudcomune nasce a seguito del seminario di auto formazione “New Welfare per un Sud Comune”, tenutosi nel 2012 a Cosenza, ispirato dalla constatazione della persistenza di una situazione politica locale bloccata, di un contesto dove le lotte, seppur presenti, incontrano notevoli difficoltà a “fissarsi” nel territorio, a unire intorno a una prospettiva di medio raggio quelle soggettività pur attente e coinvolte nel conflitto di breve durata. Le quattro giornate di seminario hanno affrontato i temi centrali dell’analisi del capitalismo contemporaneo, già dipanati nell’esperienza di Uninomade alla quale i fondatori di sudcomunehanno preso parte. Tra i diversi argomenti, la seconda giornata è stata dedicata al tema dell’inchiesta politica, nei termini e modalità della conricerca, in vista della sua  reinvenzione ai tempi odierni.
Il dibattito che seguì al seminario convinse alcuni di noi a mettere alla prova questo strumento operaista nella situazione calabrese. Ci mettiamo cosi a fare inchiesta nella più grande “fabbrica” regionale del precariato cognitivo, i call center, per favorire processi di soggettivazione tra gli operatori e puntare su un loro potenziale protagonismo politico. Dei call center ricostruiamo l’articolazione imprenditoriale, le modalità di gestione e sfruttamento degli operatori, il processo di valorizzazione e le tecnologie impiegate. Tutte conoscenze fondamentali per approcciare al meglio il lavoro sul campo, ma soprattutto incontriamo gli operatori, in discussioni collettive sulle loro condizioni di vita e lavoro, tramite le quali riusciamo a individuare le tendenze soggettive all’interno del rapporto di lavoro negli stabilimenti. La ricchezza degli incontri è sorprendente: colpisce soprattutto la distanza tra le forme della valorizzazione (incentrata sui saperi generali e tecnici, le abilità relazionali comunicative e linguistiche, insomma sul “comune” degli operatori) e le modalità organizzative della produzione, fondate su procedure di industrializzazione del lavoro cognitivo (una sorta di taylorismo digitale) che imbrigliano, “loggano”, il corpo e la mente degli operatori, i quali vengono costantemente valutati sulle performance mantenute, ma anche sugli stati emotivi vissuti, sul grado di affidabilità nei confronti dell’impresa e, di converso, sul loro potenziale conflittuale. Tutto ciò genera pesanti forma di alienazione, che se da un lato producono malesseri psico fisici anche di una certa importanza, da un altro sono ottimali per la “produzione dell’operatore perfetto”. Come abbiamo scritto: nei call center l’alienazione non è soltanto il risultato del processo di sfruttamento degli operatori, ma è anche il combustibile che favorisce la cattura e valorizzazione delle loro qualità. E’ la sostanza che fluidifica, per quanto possibile, la riproduzione dell’intero processo lavorativo. In questa situazione, i limiti, le criticità e i vincoli connessi ai processi di oggettivazione sono stati consistenti: la gran parte degli operatori non si percepiscono neppure come lavoratori cognitivi, come produttori, e sostanzialmente tendono ad accettare l’ideologia d’impresa insistentemente ribadita attraverso corsi di formazione, riunioni aziendali, colloqui individuali e incontri informali. In altre parole, le proprie condizioni di sfruttamento e alienazione, pur deprecate, vengono vissute come qualcosa di naturale e trascendente, in ultima istanza immodificabile. Pertanto le aspettative degli operatori sono decrescenti, la loro disponibilità alla rivendicazione molto debole e si presenta, solitamente, dopo il fallimento di tutte le altre forme di mediazione clientelare: amicale, familiare, parentale e, in ultima istanza, sindacale.sudcomune2
Gli avvenimenti che più degli altri hanno segnato il percorso d’inchiesta sono stati due in particolare: le lotte di Palermo e Catania e quelle di Cosenza. Nelle prime, che hanno sperimentato anche forme di violenza diretta sul macchinario, la posizione sindacale sui call center in generale è stata subito chiara, debole, prona al volere dell’impresa, la quale si è presentata come unico reale attore in campo, capace di coniugare decisione e trattativa senza troppi disturbi. Nelle seconde, che ci hanno riguardato più direttamente e puntato sulla crescita della soggettività degli operatori, il crescendo dei conflitti venutosi a generare tra operatori e responsabili d’impresa ha ottenuto il risultato (se vogliamo magro) della “fuga” che, come commentavamo altrove, si prefigura nei call center come una “non lotta”.
Il riflusso di quest’esperienza, cioè la vittoria padronale e sindacale assieme, e la ripresa intorno al 2014 del movimento ambientalista calabrese, sotto traccia da un paio d’anni, hanno spostato l’inchiesta nelle lotte ambientali. Anche qui, mutatis mutandis, abbiamo riscontrato gli stessi elementi di blocco dei call center, volti al rientro nei limiti istituzionali di nuove forme di lotta, apparentemente incontrollabili, orientate più al comune che al pubblico. Soltanto che qui ad essere coinvolti non erano solamente i precari di Cosenza Valley ma la “popolazione in generale”, ossia gli abitanti dei paesi coinvolti nelle discariche, resisi conto che sulla propria pelle stavano danzando interessi macabri, che senza problemi sarebbero passati sopra il proprio cadavere. E’ stato subito evidente che in ballo c’era la propria vita, la salute di intere comunità, ed allora la gente non è rimasta a guardare: nascono in breve tempo numerosi comitati, si attuano percorsi di conoscenza, sensibilizzazione e informazione che danno vita a veri e propri laboratori di autoformazione ai quali la cittadinanza partecipa con estremo interesse e consapevolezza. Si fissa nel frattempo la convinzione che bisogna decidere in autonomia sulla gestione dei rifiuti, perché   i “governanti” sono inaffidabili e cinici, capaci di passare sulla propria pelle: “E’ il momento che i territori inizino a bloccare l’intera logica scellerata di questo ciclo di rifiuti. E’ il momento che le istituzioni scendano dai loro scranni e che le comunità decidano loro come gestire i propri rifiuti e i propri soldi (…) dobbiamo fermarli (…) d’ora in poi decidiamo noi”. In questa prospettiva i comitati iniziano a organizzare la resistenza: presidi nei luoghi delle discariche, picchettaggio, assemblee pubbliche, manifestazioni unitarie. Già qui, siamo a febbraio del 2014, può essere rintracciata la fine del governo regionale di centro destra. Anche l’Ansa, discutendo i risultati dell’inchiesta, registra la situazione scandalosa della gestione dei rifiuti in Calabria e le diverse battaglie vinte dai Comitati di difesa dell’ambiente, come il ritiro di un bando a Rossano, i processi di sensibilizzazione e partecipazione attivati a Donnici, Celico, Rovito e Pianopoli, il ritiro del Decreto per la discarica Battaglina a Borgia. Bisogna però aggiungere che, un anno e mezzo dopo, con importanti battaglie vinte alle spalle, il movimento ambientalista calabrese è in un momento di stasi che svilisce la propria capacità d’influenza ed il peso politico a questa connesso. Eppure la continuità di mobilitazioni ha registrato percorsi e pratiche conflittuali innovative, spesso di efficace contrasto alla “corruzione del comune”. Ed è da queste pratiche che bisognerebbe ripartire, da quelle parole d’ordine condivise nelle assemblee dei cittadini, che richiamano a battaglie politiche per la decisione, l’organizzazione e la gestione in comune, né pubblica e neppure privata, delle risorse ambientali in quanto direttamente legate alla vita delle comunità.sudcomune3
Siamo ancora qui, ai primi del 2016, a continuare il lavoro d’inchiesta. Con gli operatori di call center, con gli “ambientalisti” e, ora, con gli studenti che stiamo incontrando in più istituti universitari, non solo calabresi. Gli obiettivi, questa volta, consistono nella rilevazione della composizione sociale studentesca e delle sue caratteristiche soggettive, nonché nella comprensione dell’attuale trasformazione del sistema accademico dal punto di vista degli attori, delle funzioni e delle attività. Il fine è quello di sempre: favorire processi di (contro) soggettivazione, questa volta tra gli studenti e dove possibile tra il corpo docente strutturato e precario.
E’ evidentemente prematuro parlare di questa nuova esperienza. I primi mesi del 2016 rimandano piuttosto al fatto che a Cosenza, sede principale di sudcomune, siamo in procinto di elezioni amministrative nelle quali partecipa anche un raggruppamento di varie forze di sinistra e associative. Non ci sembra che questo possieda le caratteristiche di coalizione sociale alle quali noi ci riferiamo, cioè le capacità di esprimere e tradurre politicamente esperienze di politicizzazione e di lotte delle popolazioni. Si tratta piuttosto di una colazione elettorale, fatta di personale politico in parte consumato, che declina a modo proprio le tematiche del  comune e che sostanzialmente tende a ricondurle nell’alveo del potere pubblico. Ci sembra inoltre che ci sia molta confusione su temi dirimenti. Ad esempio, sul reddito di base, c’è chi ha più volte sinceramente e pubblicamente dichiarato la sua “conversione” verso tale questione. Allo stesso tempo, nella stesso raggruppamento ci sono forze per le quali la questione del reddito è secondaria, sicuramente subordinata a quella del lavoro immediato come misura fondamentale della ricchezza sociale prodotta. C’è anche chi non gliene frega niente del reddito di base e lo confonde agevolmente con gli attuali ammortizzatori sociali o “redditi d’inserimento” (tecnica applicata in qualche paesino con evidenti ricadute clientelari). Insomma, su un tema centrale per il quale varrebbe la pena “occupare le istituzioni” tanta è la confusione sotto il cielo della sinistra calabrese, e la situazione non sarà certo eccellente, per lo meno fino a quando i vari gruppi non saranno disposti a incontrare, e coalizzarsi, con il precariato cognitivo e con le diverse forme del non lavoro regionale.

Per approfondire:

http://quaderni.sanprecario.info/wp-content/uploads/2013/03/Q4-Sull-inchiesta-politica-nei-call-center-calabresi.pdf

http://effimera.org/infocontact-calabria-perche-gli-operatori-non-si-ribellano-di-carlo-cuccomarino-e-francesco-maria-pezzulli/

http://effimera.org/lalienazione-nei-call-center-di-francesco-maria-pezzulli/

http://effimera.org/storia-di-una-commessa-e-di-un-call-center-di-francesco-maria-pezzulli/

http://commonware.org/index.php/neetwork/538-non-lotte-callcenter

http://commonware.org/index.php/neetwork/345-industrializzazione-del-lavoro-cognitivo-nei-call-center

http://commonware.org/index.php/neetwork/42-cinque-tesi-sul-call-center