Indicazioni parigine per un’università del comune

Riprendiamo nuovamente da «lundimatin» (www.lundi.am) due articoli redatti dagli studenti francesi in rivolta contro la Riforma dell’istruzione universitaria. Il primo è l’appello nel quale viene reso pubblico il progetto; il secondo, invece, dal titolo «costruire le università che lo stato si rifiuta di creare» è l’appello degli studenti ad organizzarsi e racconta della simbolica inaugurazione della «nuova Università sperimentale di Vincennes» avvenuta il 2 giugno del 2018.

traduzione di MARCO SPAGNUOLO

La prima pietra di un’altra università: pensare, rifondare, costruire

A quelle e quelli che si preoccupano di dare una coscienza alla propria vita, che non ne possono più dopo 30 anni di riforme mortifere, della competizione perenne come ideologia – sola creatrice di ricchezza –, della distruzione della cultura, dell’immobilizzazione dei saperi, noi lanciamo un appello a costruire le nuove università che lo Stato si rifiuta di creare. È a Vincennes che, sabato 2 giugno 2018 alle 17.00 (Lago Daumesnil), poggeremo la prima pietra dell’Università rifondata e lanceremo un appello per costruire altri cantieri necessari dappertutto in Francia. 

Nel dibattito pubblico sull’Università, le questioni più urgenti mascherano problemi più profondi. Anzi, il confronto tra l’algoritmo APB e la messa in concorrenza di studenti e università, operata da Parcoursup, fa da schermo a riforme più sotterranee: inutilità programmata del diploma, professionalizzazione della laurea, riduzione o assoggettamento delle materie umanistiche, aumento drastico delle tasse d’iscrizione, separazione dell’insegnamento superiore tra università impoverite, dette «locali», e stabilimenti «di ricerca intensiva visibili a livello internazionale», deregolamentazione delle formazioni universitarie e trasformazione degli statuti delle università. 

Tutte queste riforme risolvono dei falsi problemi creati d’un colpo dall’alta funzione pubblica per mascherare il sotto-investimento cronico dello Stato nell’istruzione superiore e nella ricerca. Mentre l’aumento demografico dal 2000 e il desiderio crescente dei diplomati di proseguire i loro studi ha condotto ad un afflusso di 150.000 studenti in dieci anni, lo Stato non è stato più altezza di questo formidabile impegno: i fondi dell’Università stagnano e l’apertura di posti per insegnanti e ricercatori diminuisce – 7000 posti da titolare in meno dal 2009. Il programma di Emmanuel Macron ha perciò ragionevolmente contabilizzato i bisogni in 2 miliardi per la ricerca e in 2 miliardi per l’Università, ma l’arbitrio fatto in nome del realismo è senza capo né coda: mentre noi siamo uno dei paesi più ricchi del mondo, non vi avremo un centesimo!

Il problema dei fondi nasconde a sua volta altri problemi, più profondi, che vanno nell’essenza stessa dell’Università come istituzione di diffusione e messa in comune gratuita dei saperi prodotti da coloro che li creano. La forza sta nel constatare che le persone che assistono da tempo allo snaturamento del mestiere di universitario sono spesso gli stessi che non l’esercitano più o che non creano più niente. Come spiegare che l’evoluzione delle carriere universitarie consiste sempre più nell’allontanarsi dall’insegnamento e dai primi livelli dell’istruzione superiore nella misura in cui si aumenti di grado, quando proprio questi studenti costituiscono precisamente la futura ricchezza dell’Università?

Noi intendiamo affermare qui che il sapere non è né un affare da manager, né un affare da burocrati e chiamiamo alla rifondazione dell’Università. Ritorniamo alle sue origini, impastate di libertà, collegialità, esigenza ed emancipazione. Piuttosto che negare le università alle classi popolari attraverso il giogo della selezione di Parcoursup, apriamole! Ciò che è in corso oggi è un’offensiva generalizzata contro tutte le possibilità di dire il vero sul mondo e sulla società. Con l’erogazione di crediti dei laboratori e l’imposizione delle riarticolazioni tematiche, la ricerca è sempre più sottomessa a degli imperativi di redditività. La strumentalizzazione e la professionalizzazione delle discipline tendono a infiacchire i saperi critici subordinandoli al mercato del lavoro.

Per ritrovare la presa sul nostro mondo e reinventarlo, è necessario re-istituire l’Università come luogo di pensiero aperto, nei saperi così  come nelle pratiche. Per intraprendere questo cantiere, noi intendiamo far riferimento all’idea di Università sperimentale, come quella che è potuta emergere a Vincennes, cinquant’anni fa, e mettere all’opera un’alternativa al modello alienante della concorrenza generalizzata. Noi aspiriamo al massimo della formazione universitaria, riappropriandoci delle nostre pratiche, svincolate dall’impresa della burocrazia gestionale. Si tratta, infine, di far pressione sullo Stato per collegarci ai principi fondatori dell’Università, conformi alle aspirazioni emancipatrici, e per ottenere i fondi.

Cinque università mancano, lo Stato si rifiuta di crearle? Costruiamole!

Facciamo un appello a  quelle e quelli che lo sostengano – architetti, muratori, carpentieri, operai, universitari (precari e non), liceali, studenti, genitori o semplici cittadini – a costruire insieme queste università che saranno i beni comuni della società che noi ambiamo a costruire. Ritroviamoci a Vincennes per porre simbolicamente la prima pietra di un’università rinnovata e gettarne le fondamenta. Approfitteremo di questo momento per discutere e affermare che noi ci riprendiamo il nostro diritto al sapere e que sia determinati a metterci in gioco, cioè prima di tutto a “fare”. «Fare» è una qualità; «fare» è considerare l’altro come attore, attrice, del suo proprio superamento;  «fare» è fermare la frammentazione, l’isolamento, l’individualismo e l’anomia che de-vitalizzano nell’interità la nostra società; «fare» è mettere al lavoro impegnando la propria vita dalla prima pietra fino alla festa d’inaugurazione, in uno sconfinamento permanente.

È proprio vero che «creare è resistere e resistere è creare».

Primi firmatari
Studentesse, studenti, liceali di Aix, Bourdeaux, Brest, Clermont, Dijon, Lille, Limoge, Lyon, Marseille, Metz, Montpellier, Nancy, Nanterre, Nantes, Nice, Paris 1, Paris 3, Paris 8, Rennes, Rouen, Saint-Denis (Paris 8), Sorbonne Université, Strasbourg, Toulouse et Valenciennes.
Thomas Alam, universitario, Scienze politiche; Bruno Andreotti, universitario, Fisica; Corinne Davault, universitaria, Sociologia e Antropologia; Dominique Archambault, universitario, Informatica; Isabelle Attard, ex deputata ecologista; Clémentine Autain, deputata di France Insoumise; Olivier Berné, ricercatore, Astrofisica; Anne Bory, universitaria, Sociologia; Isabelle Bruno, universitaria, Scienze politiche; Gilles Chantraine, ricercatore, Sociologia; Éric Fassin, universitario, Scienze politiche; Pierre Gilbert, universitario, Scienze politiche; Nacira Guénif, universitaria, Scienze dell’educazione; Odile Henry, universitaria, Scienze politiche; Hélène Conjeaud, ricercatrice in pensione, Biofisica; Thomas Coutrot, economista; Pascal David, universitario, Scienze politiche;  Laurence De Cock, professore, Storia; Milena Doytcheva, universitaria, Sociologia; Pascale Dubus, universitaria, Storia dell’arte; Elsa Faucillon, deputata GDR; Jean-Louis Fournel, universitario, Studi italiani e Storia del pensiero politico; Chantal Jaquet, universitaria, Filosofia; Sophie Jallais, universitaria, Economia; Marietta Karamanli, deputata NG; Mathilde Larrère, universitaria, Storia; Éric Lecerf, universitario, Filosofia; Olivier Long, universitario e pittore; Frédéric Lordon, ricercatore, Filosofia; Jean-Marie Maillard, ricercatore, Fisica; Pascal Maillard, universitario, Letteratura francese; Guillaume Mazeau, universitario, Storia; Julien O’Miel, universitario, Scienze politiche; Hélène Nicolas, universitaria, Studi di genere; Nicolas Offenstadt, universitario, Storia; Pierre Ouzoulias, ricercatore, senatore CRCE; Joël Pothier, universitario, Bioinformatica; Pablo Rauzy, universitario, Informatica; Sabine Rubin, deputata di France Insoumise; Arnaud Saint-Martin, ricercatore, Sociologie;  Johanna Siméant-Germanos, universitaria, Scienze politiche; Yasmine Siblot, universitaria, Sociologia e Antropologia; Jérôme Valluy, universitario, Scienze dell’informazione e della comunicazione; Sophie Wahnich, universitaria, Storia.
AGEPS de P4, Comité A.E.C, RogueESR, Sauvons l’Université, SNESUP-FSU, Solidaires étudiant-es Montpellier, Solidaires étudiant-es Paris 4, Solidaires étudiant-es Paris VIII, Sud Education Paris.

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Costruire le università che lo Stato si rifiuta di creare

Arresti in serie di liceali all’Arago [liceo parigino occupato a metà maggio, NdT], sgomberi metodici da parte della polizia di tutte le università in sciopero, maturità che sta arrivando: tutto è pronto affinchè la mobilitazione contro la legge ORE e il Parcoursup si sposti sulle spiagge estive. Come sempre, nei periodi di ebolizione, di tensione e di apertura del possibile soccombono un certono abbattimento, un certo torpore.

Generazione dopo generazione, tutte quelle e tutti quelli che si sono ritrovati dentro i movimenti di contestazione hanno vissuto l’asprezza del ritorno alla normalità. Opporsi, rivendicare, protestare, di più davanti ad un governo anche insolente e che gioca costantemente il tutto e per tutto, è rischiare di sbattere contro i propri limiti, di non avere alcun orizzonte che la conservazione. Ricordare lo scontro, fino all’ultimo abbraccio e all’ultimo respiro.

Il 31 maggio scorso, un collettivo di studenti, di liceali e universitari ha lanciato dalle pagine de Le Monde un singolare appello a «costruire le nuove università che lo Stato rifiuta di creare». In coloro che l’hanno pensato nel milieu universitario, vi è un soffio e una contropartita al disfattismo rampante. Piuttosto che indignarsi e mendicare qualche briciola, lanciano un appello ad organizzarsi:

Noi chiamiamo quelle e quelli che lo sostengono – architetti, muratori, carpentieri, operai, universitari (precari e non), liceali, studenti, genitori o semplici cittadini – a costruire insieme queste università che saranno i beni comuni della società che noi ambiamo a costruire. Ritroviamoci a Vincennes per porre simbolicamente la prima pietra di un’università rinnovata e gettarne le fondamenta. Approfitteremo di questo momento per discutere e affermare che noi ci riprendiamo il nostro diritto al sapere e que sia determinati a metterci in gioco, cioè prima di tutto a “fare”. «Fare» è una qualità; «fare» è considerare l’altro come attore, attrice, del suo proprio superamento;  «fare» è fermare la frammentazione, l’isolamento, l’individualismo e l’anomia che de-vitalizzano nell’interità la nostra società; «fare» è mettere al lavoro impegnando la propria vita dalla prima pietra fino alla festa d’inaugurazione, in uno sconfinamento permanente.

Il 2 giugno 2018, la nuova Università sperimentale di Vincennes è stata simbolicamente inaugurata.

Qual è la prossima tappa dopo l’assembramento del 2 giugno?

Sono numerose, ma la prima tappa consiste nell’organizzarsi in gruppi di lavoro, che nei giorni a venire condivideremo con i circa 2000 firmatari dell’appello iniziale. Ci sono più cantieri: trovare degli insegnanti (cosa che abbiamo iniziato a fare: abbiamo già proposto più di 2000 ore di corsi!), immaginare uno spazio, il suo funzionamento, etc.

Questo progetto vi sembra realmente fattibile?

L’entusiasmo suscitato da questo appello mostra che vi è un reale desiderio: è questo che deve incitare a pensare che il progetto sia fattibile. L’impegno dei docenti (più di cento ad essersi proposti per insegnare) mostra che, quale sia la forma che il progetto prenderà, qualcosa succederà. E vi è anche un terreno, a Sevran, che potrebbe accogliere il futuro edificio, e degli architetti, che sono pronti ad aiutare per immaginare le infrastrutture…

Come potrebbe funzionare una tale università?

Questo fa parte del progetto che noi dobbiamo definire nei mesi a venire, ma è tutto da immaginare. Ciò che è certo è che noi sosteniamo di liberarci dall’orientamento  imposto all’insegnamento superiore, in Francia e in altri paesi nel mondo che consiste in sempre più competizione, sempre più disuguaglianze e sempre meno risorse pubbliche.

Dopo, è stato annunciato che si terrà un nuovo appuntamento per sabato 16 giugno a Sevran, in un terreno di 35 ettari che potrà dare luogo a un progetto di facoltà sperimentale: Che voi siate ricercatori, professori, universitari, titolari  o precari, studenti, liceali, professionisti delle costruzioni (architetti, muratori, carpentieri…), genitori e cittadini, nella regione parigina o no, raggiungeteci!